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«ASPASIA»

(a cura di Anna Maria Cotugno*)

Nell’ambito della ricognizione e dello studio, sempre più ricco e variegato, delle riviste, che della situazione culturale sono, talvolta, le forme più significative di rappresentazione, merita, credo, una qualche segnalazione l’ignota avventura editoriale di «Aspasia», che nel biennio 1899-1900 si offre come un modesto, ma eloquente esempio di ricaduta periferica della crisi del positivismo.
La rivista, che ambiva ad un respiro nazionale, uscì per la prima volta a Bari il 2 aprile 1899, diretta da Piero Delfino Pesce, allora giovanissimo. Nel primo anno di pubblicazione**, e per parte del secondo, ebbe una regolarità quindicinale, conservando sempre la stessa impostazione: una sezione di saggi, una di novelle, una di recensioni e una di poesie. Nell’ultima pagina trovavano spazio, infine, le Cronache letterarie, con ragguagli e informazioni sulle manifestazioni artistiche e letterarie e sui protagonisti più noti della vita intellettuale. Dal secondo anno in poi, in ogni fascicolo, apparve una rubrica fissa, Paesi e marine di Grecia, volta a illustrare le più suggestive località della vicina nazione e affidata ad Arnaldo Cervesato, destinato in seguito a collaborare anche lui con «Humanitas», sempre sotto la direzione di Piero Delfino Pesce, ma anche a fondare e dirigere «La Nuova Parola», poi confluita in «Coenobium».  […].
L’orientamento classicista della rivista, per quel poco che traspare dalla sua sfuggente esilità, è evidente nel richiamo dei grandi autori del lontano e recente passato, da Omero a Virgilio, da Dante a Sofocle, da Euripide a Foscolo, […]. L’arte classica costituisce, dunque, con le sue immagini di intellettuale e spirituale grandezza, un perfetto modello di fusione di Bellezza e Verità, di Bellezza e Virtù, di Bellezza e Ragione.
L’obiettivo programmatico della rivista, evidentemente, è quello di combattere le forme deteriori dell’arte contemporanea, assumendo una posizione critica e polemica nei confronti del verismo e del naturalismo, accusati di non avere ideali, di sguazzare nella volgarità, di cedere alle tentazioni del morboso e dell’osceno, di presentarsi come un’indiscriminata e servile imitazione del vero, che «ha consentito ad una turba di mestieranti d’indossare per un momento l’artistica giornea».
L’ostilità nei confronti del naturalismo e del positivismo, sebbene mitigata, talvolta, da interventi meno severi, non si risolve però mai, nella rivista, in un’accettazione del decadentismo,…

* Le note di cui sopra sono tratte dall’articolo di A. M. Cotugno, «Aspasia» e la cultura letteraria in Puglia fra Otto e Novecento, in «Rivista di letteratura italiana», anno 2005, n. 1-2, pp. 485-488.

** Nel primo anno furono pubblicati 18 fascicoli; nel secondo 20 + il fascicolo n. 21/22. Quest'ultimo – che pubblichiamo in questa sezione insieme a tutti gli altri fascicoli della rivista – appartiene alla collezione privata del cultore di storia molese Pietro Ciaccia, che ci ha concesso gentilmente la possibilità di pubblicarlo. E noi di questo la ringraziamo.

Nota per il lettore

Piero Delfino Pesce era solito firmare i suoi scritti sulla rivista «Aspasia» con degli pseudonimi. Ne abbiamo individuati cinque: gli articoli a firma P. di S. Materno sono riconducibili a Pesce, poichè San Materno – contrada ubicata nel  Comune di Mola di Bari – era il luogo della villa di famiglia; le novelle a firma Fanny De Gilliat e Ludovico Neri sono attribuibili con certezza al direttore di «Aspasia», in quanto furono raccolte in seguito nel 1901 dallo stesso Pesce nel libro Macchiette; infine, gli articoli di critica letteraria a firma A. Brotanno e gli articoli di critica musicale a firma David Hors sono riconducibili al direttore di «Aspasia» in quanto verranno raccolti nel 1904 da Pesce nel libro Riflessi. Note di critica. Fra i colaboratori di «Aspasia» troviamo Luigi Capuana, Salvatore di Giacomo, Lucio D'Ambra, Guelfo Civinini, Alfredo Catapano e Anton Giulio Barrili.

 

Il «cdp» è diretto da Nicola Fanizza