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PIERO DELFINO PESCE PITTORE

(a cura di Vitangelo Magnifico)

Vitangelo Magnifico ha rivolto la sua attenzione alla pittura di Piero Delfino Pesce nell’articolo che qui pubblichiamo, che è uscito su “Città nostra”, n. 141, aprile 2015  

LA Pasqua secondo Piero Delfino Pesce

di Vitangelo Magnifico

Piero Delfino Pesce (1874-1939), da grande intellettuale e politico qual era, non restò mai impassibile davanti alle diverse manifestazioni umane e sociali con le quali venne in contatto; ebbe il grande merito di analizzarle e riversarle nelle sue opere sempre con grande rispetto anche quando ideologicamente non le condivideva. Malgrado fosse non credente, fu colpito dalle celebrazioni popolari dei riti sacri che trattò con laica devozione come è possibile leggere nella commedia La novella del Natale (Città nostra, n. 137, Dic. 2014 ) e nei due sonetti dedicati alla passione di Cristo contenuti nella raccolta di poesie Preludio (1902; Editore V. Verchi, Trani) ed osservare nei due quadri che dipinse per rappresentare le processioni dei Misteri e del Santissimo Legno della Croce a Mola.
Nei quattordici versi che compongono Sul Golgota, Piero Delfino Pesce racchiude, efficacemente e con grande vena poetica, tutta la Via Crucis e il dubbio finale - che appare essere una certezza secondo il suo punto di vista - sulla validità dell’estremo sacrificio espresso dal Figlio al Padre. Nel sonetto Venerdì Santo, il poeta laico guarda alle processioni che si susseguono quel giorno come ad una rappresentazione che il branco umano organizza per partecipare alla conquista del paradiso mediante la spesa per il consumo della cera e l’intercessione della Madre implorante, che pare essere stanca di questa ripetuta ed estenuante commedia.
Nei due quadri - che i molesi possono ammirare per la prima volta su queste pagine di Città nostra grazie alla cortesia della nuora dell’Autore, Sig.ra Francesca Maria Fanizza e del nipote, Ing. Piero Delfino Pesce - il Nostro grande concittadino fi ssò le due più importanti processioni del periodo pasquale della nostra comunità, dandoci una chiara idea di come avvenivano negli anni Venti e Trenta del secolo scorso.
La Processione dei Misteri (Olio su tavola; 75x100 cm) è ripresa dall’Autore all’inizio di Corso Van Westerhout mentre si dirige verso la Chiesa di Sant’Antonio dopo aver attraversato la Piazza. In primo piano sono rappresentati i suonatori di tamburo e di raganella di legno (a trozzele) seguiti dall’insegna e dai membri della Confraternita della chiesa che custodisce le statue che sono portate a spalla dai ragazzi. E’ la rappresentazione pittorica dei primi versi della poesia sul Venerdì Santo: “Rulla il tamburo misterioso e tristo, /e barcollano dietro, in lunga schiera, /sanguigni simulacri, ecc…”. Sulla destra del quadro è possibile notare un vecchio che prega in ginocchio poggiato su una sedia inclinata; un atteggiamento tipico dei vecchi dell’epoca. A sinistra, invece, fa bella mostra la palma del giardino del Palazzo Roberti-Alberotanza che sovrasta l’alto muro di cinta: un angolo di Mola scomparso che solo i più vecchi ricordano.
La scena del quadro Sera del Venerdì Santo (Olio su tavola; 80x90 cm) rappresenta il passaggio della processione del Santissimo Legno della Croce davanti alla Chiesa della Maddalena.
Il pittore vede la scena dall’angolo di Piazza XX Settembre con Via Giovanni Bovio offrendo uno scorcio nitido di quello spiazzo, in cui spicca il rosso del Palazzo Introna mentre più sfumati appaiono le . numerose candele che illuminano la scena e la grande partecipazione del popolo. In primo piano a destra, più nitido, è rappresentato un venditore ambulante seduto vicino alla sua bancarella.
Entrambi i quadri non portano alcuna indicazione sulla data di realizzazione; cosa alquanto curiosa considerata l’attenzione dell’Autore per l’ordine e la precisione.
Piero Delfino Pesce, che aveva preso lezioni di pittura da giovane, riprese a dipingere per riempire le ore di forzata inazione, come lui stesso la definì, alla quale lo aveva costretto il fascismo con l’emanazione a Gennaio del 1925 delle Leggi eccezionali, che sancirono la fi ne delle libertà di stampa e di opinione e l’abolizione dei partiti politici.
Fu così, che Piero Delfi no Pesce, tenace antifascista, per non aver preso la tessera del Partito di Mussolini, dopo oltre venti anni d’insegnamento fu cacciato dalla scuola e restò disoccupato. Riprese dopo vent’anni la scatola dei colori e dipinse su tela una palma avvizzita del suo giardino. Quel primo quadro lo intitolò L’esule morente. La lunga serie che seguì permise l’allestimento di una mostra presso il Circolo Artistico di Bari (17.12.1931) con ben 68 opere fra le quali non troviamo La processione dei Misteri mentre all’ultimo posto dell’elenco c’è Sera del Venerdì Santo. Quindi, è probabile che il quadro rappresentante la processione dei misteri sia successivo alla mostra.
Dai pochi quadri che ho potuto osservare molti anni fa in casa di Lucio Delfino Pesce e dalla mia modesta conoscenza di storia dell’arte, deduco che lo stile di Piero Delfi no Pesce pittore da decisamente figurativo delle prime opere evolve, nelle due sulle processioni, assorbendo le indicazioni dei movimenti pittorici italiani a cavallo dei due secoli in cui visse. Piero Delfi no Pesce, sempre così attento alle novità artistiche ed intellettuali del suo tempo, non poteva non tenerne conto.
I due quadri, inoltre, dimostrano come, a Mola, le due processioni hanno continuato a ripro porre nel tempo sempre la stessa scenografi a, come è possibile verifi care assistendovi di anno in anno e osservando la foto della processione dei
misteri del 1975.

DUE POESIE DI PIERO DELFINO PESCE

Sul Golgota

Non lo fiaccò dei Farisei lo sdegno,
non la viltà di Erode e di Pilato,
non di Pietro il mentir, non l’ostinato
voler di Giuda, che sognava il regno.
Fantasticando nel superbo ingegno
l’alta utopia che l’aveva conquistato,
tra la plebe, deriso e schiaffeggiato,
fi ero avanzò, sotto l’infame legno.
Ma quando, giunto alla cruenta altura,
vide in gramaglie le donne adorate,
e i fi di dileguar per la paura,
il dubbio entrò nell’animo del forte;
e, chinando le ciglia intemerate:
E’ vana, padre, - mormorò - la morte! -

 

Venerdì Santo

Rulla il tamburo misterioso e tristo,
e barcollano dietro, in lunga schiera,
sanguigni simulacri, che di Cristo
mito hanno fatto l’epopea severa.
Di umani il branco stranamente misto
leva un ronzio che vuol sembrar preghiera,
e calcolando va se il gran conquisto
del ciel franchi la spesa della cera.
Il viso bianca e bruna il vestimento,
ecco passar la Vergine Maria
che il morto figlio pei credenti implora;
e della Donna il lacrimoso accento
echeggia sempre nella mente mia:
di tal comedia non son sazii ancora? -

 

 

 

Nota a cura della Redazione

Costretto dagli eventi ad abbandonare la sua professione di giornalista e di insegnante – dopo aver insegnato per ventidue anni –, Pesce vede peggiorare le sue condizioni economiche. Quello che inizia per lui, dopo la chiusura di «Humanitas», è un periodo di grande depressione che dura circa dieci anni. Si dedica alla pratica forense. Dipinge e, nel dicembre 1931, il Circolo Artistico di Bari ospita una sua mostra in cui vengono esposti 68 quadri. In quell’occasione Pesce dichiarò: «Nel mio giardino a Mola intristiva una superba palma; tutte le mie cure non valsero a salvarla. Fu così che per conservarne il ricordo ricercai la vecchia scatola dei colori (che da oltre 20 anni non adoperavo) e mi accinsi a rendere sulla tela la dolce visione della povera pianta, dall’alto fusto e dalle foglie invecchiate, che pareva ancora più avvizzita nella grigia giornata d’inverno. Così è nato il mio primo lavoro che battezzai L’esule morente e che potrai osservare fra i miei quadri. Poi … poi la passione della pittura mi ha preso ed ho dedicato ad essa le ore di forzata inazione, e…, visto che le tele aumentavano…».