L’avventura editoriale di «Humanitas»
Il primo numero di «Humanitas» uscì il
3 dicembre del 1911. Il giornale veniva stampato a Bari nella tipografia
dell’omonima
casa editrice e uscì in modo quasi regolare fino al 1916; dal
1917 al 1921, il settimanale divenne di fatto quindicinale; tornò a
uscire regolarmente ogni settimana a partire dal 1922 fino alla sua
chiusura definitiva avvenuta nel dicembre 1924 (l’ultimo numero
uscì il 28 dicembre!). A partire dal 1920 ha inizio una rubrica
del direttore dal titolo Rilievi, collocata come articolo
di fondo e costituita da una sequenza di brevi note di costume e di
politica. Tale rubrica col tempo assume un tono sempre più polemico.
Il direttore aprì il suo giornale al libero dibattito di idee
senza alcun pregiudizio di appartenenza ideologica. Di fatto la «Gazzetta» di
Pesce fu il settimanale più battagliero dei suoi tempi, una
delle maggiori palestre di libere idee in Italia, una tribuna aperta
a voci diverse: accanto agli articoli di scrittori politici di area
liberale e repubblicana come Napoleone Colayanni, Eugenio Chiesa, Irma
Scodnick, Terenzio Grandi, Arnaldo Cervesato, Govanni Carano-Donvito,
troviamo anche articoli di scrittori socialisti come Giovanni Colella,
Alfredo Violante, Michele Viterbo o di scrittori eretici o di difficile
collocazione come Mario Gioda, Alfonso Leonetti, Dino Fienga, Tommaso
Fiore, nonché gli scritti di poeti e letterati come Anton Giulio
Bragaglia, Francesco Meriano, Enrico Cardile, Hrand Nazariantz, Luigi
Fallacara e Salvatore Quasimodo.
La rivista aveva un respiro nazionale e i nomi dei seguenti lettori – Gian
Pietro Lucini, Antonio Gramsci e Arnaldo Mussolini – sono oltremodo
indicativi giacché stanno a testimoniare l’attenzione
e l’interesse che in tutta l’Italia, e anche all’estero,
circondava la rivista.
Fra i motivi che spinsero Pesce a dare avvio all’impresa editoriale
di «Humanitas» possiamo individuare – accanto all’esigenza
di raccordare la tradizione mazziniana, gli ideali della rinascenza
mediterranea e il radicalismo umanitario della Società Teosofica – la
necessità di stabilire un rapporto più stretto e più vivo
fra la letteratura e la vita.
Da qui la decisione della rivista di mettersi in gioco sostenendo alcune
battaglie decisive nei diversi ambiti della vita politica, economica
e sociale del Paese.
Sul piano sociale ed economico «Humanitas» diede voce ai
problemi più importanti del Mezzogiorno d’Italia, individuando
nella politica protezionistica e, insieme, nella struttura latifondistica
le cause principali dell’arretratezza delle regioni meridionali;
si impegnò nella denuncia dello scandalo dell’Acquedotto
Pugliese, ingaggiando una decisiva battaglia contro la privatizzazione
dell’acqua; si fece promotore della Legge del Pane,
fondata sul principio che lo Stato dovrebbe corrispondere ad ogni cittadino
sin dalla nascita l’ammontare della razione giornaliera del pane;
e, stigmatizzò, infine, la piaga dell’analfabetismo.
Sul piano politico, «Humanitas» auspicò: l’affermarsi
di una Repubblica federale capace di garantire le autonomie locali
nonché forme di democrazia diretta; la difesa delle nazionalità oppresse
e il diritto dei popoli all’autodeterminazione; e, dopo l’avvento
del fascismo al potere, la difesa delle istituzioni dello stato liberale
e delle libertà democratiche.
«Humanitas» mantenne il suo carattere di apertura e di libertà di
opinioni anche in campo artistico e letterario e in questo senso manifestò una
notevole attenzione nei confronti dei nuovi movimenti culturali.
La rivista di Pesce manifestò, inoltre, una notevole disponibilità nell’accogliere
le segnalazioni delle voci poetiche più promettenti, come avvenne
nel caso di Salvatore Quasimodo.
Nel dicembre del 1924, in seguito all’ultima devastazione dei
fascisti – la tipografia fu devastata cinque volte! – la
rivista «Humanitas» cessò di esistere.